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Radiotelescopio

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Un radiotelescopio è uno strumento che serve a ricevere le onde radio provenienti dallo spazio, per studiare le caratteristiche degli oggetti che le hanno emesse. In sostanza si tratta di grandi antenne che si cerca di rendere il più sensibile possibile, in maniera da riuscire a ricevere tali segnali che, provenendo da molto lontano, arrivano a noi debolissimi.
Un radiotelescopio è composto essenzialmente di due parti, la prima delle quali ha il compito di raccogliere la radiazione elettromagnetica e di convogliarla poi sulla seconda parte, che è chiamata ricevitore.
In molti radiotelescopi, la parte che raccoglie la radiazione è costituita da una superficie riflettente a forma di paraboloide, in modo da poter sfruttare le proprietà della funzione matematica della parabola: in questo modo infatti le onde radio provenienti dallo spazio che arrivano sul paraboloide vengono riflesse tutte verso un unico punto, chiamato "fuoco". Nel fuoco si possono allora mettere i ricevitori, dei dispositivi che contengono l'antenna vera e propria e convertono, amplificandola, la debole energia elettromagnetica di queste onde radio in un segnale elettrico rilevabile. Un radiotelescopio può essere in grado di fare osservazioni, cioè di raccogliere radiazione, su un intervallo molto ampio di frequenze all'interno della banda radio e delle microonde (la frequenza massima raggiungibile dallo strumento dipende dall'accuratezza della superficie riflettente, cioè è tanto maggiore quanto minore è l'entità delle imperfezioni di questa superficie); ma un ricevitore radioastronomico funziona solo su un certo intervallo di frequenze, perciò a seconda della frequenza a cui si vogliono fare le osservazioni bisogna utilizzare un certo ricevitore piuttosto che un altro. L'operazione per passare da uno all'altro è il "cambio del ricevitore" e generalmente richiede un certo tempo, togliendo quindi tempo alle osservazioni; nel Sardinia Radio Telescope viene fatta in maniera innovativa attraverso un sistema robotico, e pertanto risulta estremamente veloce.
Un'altra possibilità rispetto ad avere i ricevitori nel fuoco consiste nel posizionare invece nel fuoco un'altra superficie riflettente (riflettore secondario, mentre il paraboloide è detto riflettore primario) che a sua volta invia tutta la radiazione, ricevuta dal riflettore primario, nel proprio fuoco (fuoco secondario) verso l'interno del radiotelescopio, dove vengono allora posizionati i ricevitori (v. figura in basso).

Una volta che il segnale è stato amplificato e convertito, viene digitalizzato e generalmente registrato su nastri magnetici. Gli astronomi che hanno fatto le osservazioni portano allora i nastri con sè tornando nel luogo in cui lavorano, dove analizzeranno i segnali al computer con l'aiuto di particolari software; il risultato di tale analisi sono delle immagini dalle quali si ottengono le informazioni sulle sorgenti celesti che avevano emesso quei segnali.
Le caratteristiche scientificamente importanti di un radiotelescopio sono la sensibilità e il potere risolutivo. Come si è detto, dato che i segnali che ci arrivano dallo spazio sono molto deboli, il radiotelescopio deve essere sufficientemente sensibile da riuscire a rilevarli, e questo dipende da un grande numero di fattori, come le caratteristiche della superficie di raccolta della radiazione e le prestazioni del ricevitore. Per quanto riguarda il potere risolutivo di uno strumento, esso consiste nella capacità dello strumento di "risolvere" (distinguere) due sorgenti vicine; questa capacità dipende dal rapporto λ/D, cioè tra la lunghezza d'onda della radiazione e il diametro D dello strumento. Questo significa che, per una certa lunghezza d'onda, se vogliamo un potere risolutivo migliore (= più basso come valore, perché rappresenta la distanza angolare in cielo tra le due sorgenti distinguibili, che quindi vogliamo sia piccola) dobbiamo avere un diametro più grande. Poiché esistono dei limiti fisici per cui non è possibile costruire radiotelescopi sempre più grandi, per avere un potere risolutivo migliore si può allora adottare una tecnica chiamata "interferometria", dove si utilizzano più radiotelescopi per simularne uno di diametro molto maggiore (pari alla distanza tra i due radiotelescopi, tra quelli utilizzati, più lontani tra loro).

I radiotelescopi più famosi nel mondo sono quelli di Arecibo (300 m di diametro) a Porto Rico, Effelsberg (100 m) in Germania, Green Bank (100 m) nel West Virginia (USA), Parkes (64 m) in Australia, Jodrell Bank (76 m) nel Regno Unito; in Italia abbiamo il radiotelescopio di Medicina (32 m) vicino a Bologna, quello di Noto (32 m) in Sicilia e il nuovissimo Sardinia Radio Telescope (64 m) in Sardegna, appena ultimato e al momento in fase di collaudo.

Nella foto: il Sardinia Radio Telescope, il grande radiotelescopio sardo (64 m di diametro) ormai ultimato ed attualmente in fase di collaudo. Crediti: INAF-Osservatorio Astronomico di Cagliari/Gianni Alvito
Nell'immagine sotto: schema di funzionamento di un radiotelescopio di forma parabolica.
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